domenica 15 marzo 2009
Tsai Ming Liang: L'Arte Del Pianosequenza
Rebels Of The Neon Gold
Taiwan, 1992. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Khang- Sheng, Chen Chao-Jung, Miao Tien, Jen Chang-Bin, Wang Yu-Wen. Genere: Drammatico. Durata: 90’
Hsiao-Kiang vive con I genitori e studia per superare gli esami. Ah-Ping abita in un appartamento perennamente allagato e vive con il fratello, guadagnandosi da vivere scassinando le cabine telefoniche. Le loro vite si incroceranno quasi per caso, sullo sfondo di una Taipei trafficata e caotica
Debutto di Tsai. Un film acerbo e stanco, ripetitivo, decisamente barboso. Il punto più basso mai raggiunto da una filmografia variegata e dall’immenso tasso emotivo. Un’opera acerba e priva di interesse: scialbo, stanco, stereotipato. Un Ming Liang altamente deludente che non ha nulla da raccontare. Non mancano, però, alcune buone idee e la solita storia di incroci tra persone che non si conoscono: le coincidenze, il malessere, la solitudine, il silenzio. Elementi reperibili anche in questo “Rebels Of The Neon God”, che si rivela un glorioso passo falso. (5)
Vive L’Amour
Taiwan,1994. Di Tsai Ming Liang. Con Yang Kuei-Mei, Chen Chao-Jung, Lee Kang-Sheng. Genere: Drammatico. Durata: 108’
Un appartamento vuoto. Delle chiavi incustodite trovate da un rappresentante di un’impresa funebre gay, che approfitta di quell’appartamento per viverci. La sua vita si intreccia con l’amore tra un venditore ambulante di vestiti e un’agente immobiliare.
Il capolavoro del primo periodo, il più difficile, di Tsai Ming Liang: Il periodo caratterizzato da un silenzio assordante, di storie assenti e di desolazione, incomunicabilità. “Vive L’Amour” è il suo primo film ad essere stato distribuito in Italia e il suo primo film imprescindibile: una storia intrecciata a più strati: sfuggente, mai ripetitiva e fragilissima. “Vive L’Amour” è una fotografia sul male contemporaneo, sull’amore più puro, sui sentimenti più profondi e celati. In qualche modo sembra anticipare “Ferro 3”, il film più bello mai realizzato nella storia del cinema: un appartamento vuoto, la vita che comincia. Decisamente splendida la scena finale, dove l’agente immobiliare si libera in un pianto in un’istantanea lunga e in pianosequenza di raro candore. Tagliente, suggestivo, emozionante. Uno Tsai geniale e da riscoprire. (9.5)
Il Fiume
Taiwan, 1998. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Khang-Sheng, Chen Chao-Jung, Chen Shiang-Chyi, Ann Hui, Lu Shiao-Lin, Lu Yi-Ching, Miao Tien, Yang Kuei-Mei. Genere: Drammatico. Durata: 116’
Un uomo comune, che vive con dei genitori silenziosi che lo ignorano, partecipa come comparsa di un film nella parte di un cadavere trovato in un fiume. Da quel momento il giovane comincerà a sentire una forte fitta al collo…
La risposta al male di vivere di Tsai Ming Liang: originalissimo e struggente. Punta sui pianosequenza di bellezza acuta, fino a librare in alto, come un fiore che sboccia sotto la luce notturna. “Il Fiume” è un film complessissimo, difficile da digerire, ma è bellissimo se visto con il piede giusto. Bisogna saper liberare la mente e abbandonarsi alla visione di un’opera struggente e conciliata, basata sul dolore fisico come dolore dell’anima. La necessità di ferirsi per ottenere l’attenzione e l’amor enecessari. Uno Tsai ancora bravissimo, che sembra non raggiungere, però, la bellezza di un episodio come “Vive L’amour” e dei successivi capolavori. Bello comunque. (7)
The Hole- Il Buco
Taiwan, 1998. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Khang-Sheng, Lin Kun-Huei, Lin Hui-Chin, Tien Miao, Tong Hsiang-Chu, Yang Kuei-Mei. Genere: Drammatico. Durata: 88’
Mancano sette giorni al 2000. In un condominio a Taipei comincia a svilupparsi un’epidemia che costringe gli inquilini a comportarsi da scarafaggi, mentre fuori piove a dirotto. Un giovane osserva l’inquilina del piano di sotto attraverso un buco causato da un guasto dell’impianto idraulico. Quando lei si ammala, lei allunga un braccio attraverso il buco, la tira su nel suo appartamento e coronano il loro sogno amoroso
Devastante. Un termine per definire il più malato e grottesco (insieme a “Il Gusto Dell’Anguria) film di Tsai Ming Liang. Un ‘opera quasi apocalittica e kafkiana, dove Tsai trova ancora modo di porre le sue profondissime riflessioni sulla morte, la malattia, la solitudine e soprattutto l’incomunicabilità: questo è il film meno parlato di Tsai Ming Liang, dove regna un silenzio assoluto e dove il dialogo esiste solo nei siparietti musicali che donano sprazzi di paradossale senso dell’humor all’interno di una vicenda fin troppo malinconica. Geniale. (8)
Che Ora è Laggiù?
Taiwan, 2001. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Khang-Sheng, Chen Shiang-Chiyi, Jean Pierre Lèaude, Tien Miao. Durata: 108’
Taipei. Un giovane venditore ambulante di orologi che ha appena il perso il padre e una ragazza che si sta per trasferire a Parigi. Lei gli compra un orologio, lui si infatua di lei senza che questa lo sappia e parte in Francia. Nel frattempo il ragazzo regola tutti gli orologi di Taipei sull’ora francese come manifestazione d’amore
Il vero, primo, capolavoro di Tsai dal tempo di “Vive L’Amour”. Un film malinconico, levigato di romanticismo che è forse il più accessibile in una cinematografia complessa come quella dell’illustre maestro del cinema taiwanese. Un film che si basa su superlativi pianisequenza, densi di bellezza visiva. È una storia d’amore travolgente e dall’alto tasso di originalità quella presentata da uno Tsai che è all’antipodo estremo di “The Hole” per rivelarci con estro originale e creativo una storia semplice di amori lontani e ardenti. Ma non esita a parlare di omosessualità e amicizie… sentimenti che la giovane protagonista prova in Francia, ma non si sente accettata né più felice. (10)
Skywalk Is Gone
Taiwan, 2002. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Khang-Sheng, Chen Shiang-Chiyi. Genere: Drammatico. Durata: 23’
Tornata dalla Francia, una giovane donna taiwanese si ritrova in una Taipei alla ricerca di un uomo che le vendette un orologio. Non sa che questo sta facendo un provino per un film pornografico
Cortometraggio che si impone la funzione da ponte tra “Che Ora è Laggiù?” e “Il Gusto Dell’Anguria”. Sono gli stessi protagonisti dei due film citati, infatti, quelli che fanno parte di questa piccola parentesi che non è prescindibile, ma che è indispensabile vedere per capire appieno il passaggio tra le due sconvolgenti opere della carriera di Ming Liang, i suoi due capolavori assoluti. Semplice funzione di parentesi, ma nulla toglie né aggiunge (6)
Goodbye Dragon Inn
Taiwan, 2003. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Kang-Sheng, Chen Shiang-Chyi, Kiyonobu Mitamura, Shih Chun, Tien Miao, Chen Chao-jung, Yang Kuei-Mei. Genere: Drammatico. Durata: 86’
Si avvicina la chiusura per un cinema di Taipei. Due persone: un lui e una lei che lavorano nello stesso posto da anni non sono mai riusciti a rincontrarsi…e non lo faranno
Intenso e fortemente pessimista acquerello cinematografico del grande Ming Liang, che non raggiunge vertici di bellezza assoluti come “Che Ora è Laggiù?” o “Il Gusto Dell’Anguria”. “Goodbye Dragon Inn” è un’opera breve e semplice che si basa su un paio di inquadrature mozzafiato e su scene di alto tasso emotivo (la splendida scena del cinema che si svuota lentamente). Elemento fondamentale è ancora l’acqua, che scende a dirotto, ricordando le movenze kafkiane di “The Hole”. Solitudine, incomunicabilità, mancanza di contatto: elementi già triti e ritriti dal regista che riescono comunque ad apparire incredibilmente nuove ed efficaci. Un bel film, dove per sfuggire alla solitudine non si può far altro che tagliare una fetta di torta rosa, aspettando che l’amore ci raggiunga. (7)
Il Gusto Dell’Anguria
Taiwan, 2005. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Khang Shen, Chen Shiang-Chyi, Lu Yi-Ching, Yang Kuei-Mei, Yozakura Sumomo. Genere: Erotico. Durata: 112’. Vietato Ai Minori Di 18 Anni.
Due vecchi amanti si ritrovano a Taipei: lui ex venditore di orologi, ora attore porno, lei, tornata in patria dopo un viaggio a Parigi. Lui non vuole svelarle la sua professione, ma lei finirà per scoprirlo…
Un vero e proprio capolavoro di colori, musica e originalità. Tutto parte da una anguria tra le gambe di una donna, che il protagonista comincia a raschiare il frutto velocemente con due dita e, mentre il succo si sparge per la stanza, la donna si lascia andare in un estatico orgasmo. Poi tra sequenze autoriali e scene di sesso molto esplicite, quasi da pornografia, “Il Gusto Dell’Anguria” è il sequel più bello che si sarebbe potuti aspettare da un capolavoro come il decisamente più contenuto “Che Ora è Laggiù?”. Tra i due film “Skywalk Is Gone”, un ponte di ventidue minuti che ci mostra il protagonista ad un provino di un film porno. “Il Gusto Dell’Anguria”è l’assoluzione di Tsai che associa il cinema porno, considerato artisticamente il peggiore genere di cinema, con il cinema d’autore, che è eccelso. Una vera e propria genialata, che resterà nella storia del cinema. Indimenticabili i balletti-musical comici, gioiosi e sessuali. Un tripudio del piacere. Da vedere. Che finalone! (10)
I Don’t Want To Sleep Alone
Taiwan, 2006. Di Tsai Ming Liang. Con Lee Kang-Sheng, Norman Atun, Chen Shiang-chyi, Pearlly Chua. Genere: Drammatico. Durata: 119’
Siamo in Malesia a Kuala Lampur. Un giovane taiwanese che non conosce la lingua e non ha né soldi né documenti viene malmenato da un gruppo di teppisti e sviene. In suo aiuto arrivano dei ragazzi che lo portano in una fabbrica abbandonata, steso su un vecchio materasso, dove vivono e aspettano finchè non si riprenda. Quando ciò avverrà, il ragazzo si innamorerà di una giovane che si prende cura di un paralitico, suscitando la gelosia di uno dei ragazzi che lo hanno aiutato…
Dopo l’esplosione pornografica del capolavoro precedente, Tsai ritorna alla solitudine nel modo più netto, eliminando completamente il dialogo. Tutto, come sempre, girato in pianosequenza, “I Don’t Want To Sleep Alone” non è un film facile e diretto. È un’opera da scoprire con il corso delle varie visiona. Per definirlo non ci si può basare sulla prima visione presa del film: occorre viverlo. È un’opera in cui non accade quasi nulla: dove, come in altre opere del regista taiwanese, la trama è nascosta nella fissa rete di immagini in pianosequenza, bellissime, lontane, impalpabili. Il finale è di quanto più bello il regista abbia mai saputo creare: uno scatto finale che spiega tutto. Non è amore, è solo il bisogno di sentire qualcuno accanto quando si dorme. (8)
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