domenica 15 marzo 2009
Il Giappone Degli Anni '60-'70
Belladonna Of Sadness
Giappone, 1973. Di Yamamoto Eiichi. Genere: Animazione-Erotico-Grottesco. Vietato Ai Minori di 14 anni.
In un decadente medioevo, Jeanne e Jun sono due amanti che intendono sposarsi. Lui però è molto povero e non può pagare la dote alla donna e il matrimonio viene negato. Alla donna disperata appare all’improvviso una sorta di demonio, che le promette la felicità. Lei incauta accetta, ma non sa che verrà stuprata e uccisa, dopo essere condannata per stregoneria
Capolavoro. Estremo ritratto anni ’70 interamente realizzato in acquerelli, che riflette in modo ardito sulla pessima condizione della donna ai tempi del medioevo, alla paura della stregoneria di quei tempi, all’amore per la religione. “Belladonna Of Sadness” è un film estremo, erotico, perverso, assurdamente complesso, dove la trama assume solo un fine secondario: è la bellezza visiva a dominare, incauta ed evanescente, ricco di allusioni sessuali, doppi sensi che non sono mai volgari, ma sono la visione poetica del sesso, negato ai tempi del medioevo. Superbi i disegni, le tavolozze, i colori…questa è arte, con una colonna sonora da far venire i brividi: pura psichedelia anni ’70, che purtroppo passò inosservato e che non conta ancora un’uscita in DVD. Occorre ripescare questa perla perduta, godersela, viverla, attraversarla. Con amore. (10)
Jigoku
Giappone, 1960. Di Nobuo Nakagawa. Con Shigeru Amachi, Yoichi Numata. Genere: Horror
Shiro, studente universitario e fidanzato con la figlia di uno dei suoi professori, decide di dare un passaggio al misterioso compagno di studi Tamura. Ma un incidente, all’improvviso lo farà piombare in un incubo, che lo trasporterà anche in niente popò di meno, che all’inferno!
È incredibile che un film talmente ben confezionato sia stato realizzato nel 1960! I colori, la fotografia, la regia sono tutti attualissimi, forse più attuali dei film contemporanei, con bellissime scene gore e un inferno psichedelico e buddhista, dove trovate veramente estreme e filosfofiche rendono il tutto visivamente più bello, più poetico. La prima ora è lentissima ed è a rischio sbadigli, ma “Jigoku” si risolleva perfettamente nella seconda, con un botto, improvviso: un fulmine a ciel sereno, un delirio assoluto, in caduta libera verso una spirale filmica che non lascia scampo. Felicemente consigliato. (7.5)
Go Go Second Time Virgin
Giappone, 1969. Di Koji Wakamatsu. Con Michio Hakiyama, Mimi Kozakura. Genere: Drammatico
Un timido ragazzo occhialuto assiste al terribile stupro di una ragazza da parte di alcuni teppisti sulla terrazza di un palazzo. Lui e lei rimangono soli: lei è la seconda volta che la stuprano e vorrebbe morire, lui ha compiuto un omicidio inconfessato.
Capolavoro del Koji Wakamatsu dei tempi d’oro: un mediometraggio in bianco e nero nitido, dove due anime destinate all’autodistruzione sono sospesi in un limbo tra vita e morte, mentre tra loro sboccia l’amore. I colori vengono utilizzati, come Wakamatsu suol fare, per i ricordi del passato: indimenticabile ad esempio, la scena della prima violenza carnale, in toni bluastri, sulla spiaggia, mentre il mare scalfisce la povera donna, che ha perso la verginità. L’amore, l’eros, la violenza fisica e psicologica, il disagio giovanile indagati al massimo da uno dei massimi registi giapponesi di sempre. (10)
Kwaidan
Giappone, 1964. Di Masaki Kobayashi. Con Mikuni Rentaro, Aratama Michiyo. Genere: Horror
THE BLACK HAIR: Un uomo povero decide di trovare un lavoro redditizio alla corte di una famiglia nobile, così abbandona la moglie, ma si risposa. Scoprendo la natura arrogante della nuova moglie, torna a casa, ma la vecchia donna non è più la stessa.
THE WOMAN OF THE SNOW: durante una cavalcata nella neve, un boscaiolo viene salvato da morte certa da una splendida fanciulla, la quale però gli dice di non raccontare a nessuno di quanto successo. Pochi anni dopo sposa una donna molto simile alla stessa del bosco al quale rivela ciò che successe tanto tempo prima ,in quella giornata di neve…
HOICHI THE EARLESS: Un musicista cieco viene sottoposto ad un rito che lo renderà invisibile in modo da salvarsi da una maledizione, ricoprendogli il corpo di ideogrammi con la formula del rito. Ma si dimenticano di scrivergli sulle orecchie…
IN A CUP OF TEA: Uno scrittore non sa come completare il suo nuovo romanzo horror su un uomo che avvista una faccia riflessa in una tazza del the
Quattro episodi, quattro storie horror ambientate in un medioevo nipponico immagnifico e teatrale. L’horror è alla base delle storie di folklore giapponesi, ma il film, presentato anche al festival di Cannes è troppo lungo, a volte noioso e spaventa davvero poco. Si apprezza comunque una grande originalità delle trame delle quattro storie e una grande passione della messa in scena. Mezzo punto in più alla scengorafia. (6.5)
Funeral Parade Of Roses
Giappone, 1969. Di Toshio Matsumoto. Con Peter, Ogasawara Osamu, Akiyama Shotari. Genere: Drammatico. Vietato Ai Minori Di 14 Anni.
Edie è un transessuale che lavora nel locale gay gestito dalla madame Leda. Entrambe si innamorano dello stesso uomo e, dopo aver ucciso la madre, Edie va a letto con l’uomo, che si rivela essere suo padre. Scoperta la verità, si acceca
La tragedia di Edipo in chiave omosessuale, raccontata con incredibile intensità in un’ora e quarantacinque minuti dove è la sperimentazione a regnare sovrana, aleggia ruvida in quel capolavoro di fotografia in bianco e nero, spesso troppo regnante sul bianco ,a volte sul nero. Interviste agli attori interrompono di colpo la narrazione rendendo il tutto più delirante ed estremo e l’ora e cinquanta di film scorre in leggerezza, passando velocemente sotto i nostri occhi spalancati. Una trovata geniale dietro l’altra, un po’ di humor, un pizzico di sarcasmo, molta poesia e violenza, soprattutto nel profetico finale del protagonista che si acceca e scende in strada con gli occhi insanguinati: nessuno lo aiuta, lo fissano. Immancabile il tema politico: aspra è, infatti, la critica allo stato e all’esaltazione della lotta armata, mostrata attraverso le violente rivolte degli studenti del ’68. Il primo film giapponese a trattare del delicato tema della omosessualità, che diverrà film preferito in assoluto di Stanley Kubrick, che lo influenzerà per la realizzazione di “Arancia Meccanica”. Stupenda la frase finale: Lo spirito di un individuo raggiunge la propria assolutezza attraverso la negazione incessante.(10)
Blind Beast
Giappone, 1969. Di Yasuzo Masumura. Con Funakoshi Eiji, Midori Mako. Genere: Grottesco. Vietato Ai Minori Di 14 Anni
Uno scultore cieco, che con la madre, rapisce una modella con lo scopo di realizzare il suo capolavoro assoluto e sconvolgere il mondo dell’arte. Dopo la disperata fuga della donna e l’accidentale morte della madre, la modella deciderà di innamorarsi al suo scultore che la tiene come prigioniera in una stanza enorme piena di svariate sculture. Da quel momento la storia prenderà pieghe angoscianti e folli…
Film splendido, bellissimo, psichedelico e assurdo. Talmente all’avanguardia da scioccare ancora oggi: tutto sembra avvolto in quella bellissima stanza di sculture di parti del corpo, enorme, ma claustrofobica e oscura. Solo tre sono i personaggi: lui, lei, l’altra, dove lei è la madre e lei è l’altra. Una sorta di triangolo reso ancora più semplice dalla morte improvvisa e accidentale della madre, che lascia campo libero ai due amanti, che possono sprofondare indisturbati nella loro follia. Il finale è libido ed oscuro, sospeso tra notte e ombra, fino alla mutilazione per amore. Il dolore che diventa piacere. Agghiacciante (10)
Angeli Violati
Giappone, 1967. Di Koji Wakamatsu. Con Juro Kara, Michiko Sakamoto. Genere: Drammatico. Vietato Ai Minori Di 14 Anni.
fatto di cronaca. Un uomo irrompe in un dormitorio di infermiere di un ospedale di Tokyo e ne uccide una dopo l’altra, lasciandone sopravvivere solo una.
Uno dei punti più alti raggiunto dal celeberrimo e prolifico regista giapponese. Come accadeva per i suoi primi episodi, anche questo sensazionale film è totalmente girato in bianco e nero, con l’eccezione di improvvisi stacchi di colore che entrano a far parte di scene violente o del passato che ritorna. La violenza in questo episodio è crudissima, seppur spesso venga lasciata al fuori campo ed è disturbante. Alla fine, però, resta l’improvviso lampo di speranza: dalla tragedia, dalla strage, nasce l’amore: una storia d’amore. Non manca il riferimento politico, caro a Wakamatsu, come nelle scene di rivoluzionari che interrompono la trama, soprattutto sul finale. Capolavoro. (10)
Patriotism- Rite Of Love And Death
Giappone, 1966. Di Yukio Mishima. Con Mishima Yukio, Tsuruoka Yoshiko. Genere: Drammatico
Dopo un fallito colpo di stato per andar contro la folle e progressiva occidentalizzazione de Giappone, un uomo decide di morire per mano del seppuku, rito di morte giapponese che consiste nello sventramento con spada, sotto lo sguardo della moglie che, disperata, deciderà di seguirlo nel folle gesto
Unico film di Mishima, scrittore giapponese, che segna un vero e proprio atto decisivo per la storia giapponese è un’opera che nei suoi ventinove minuti concentra tutta la disperazione e l’angoscia del protagonista: dopo la splendida scena di sesso con la moglie, arriva il rituale dello smembramento, crudissimo, che appare sotto gli occhi dello spettatore quasi all’improvviso. Film imprescindibile per chi ama il Giappone e la sua cultura, è un vero e proprio grido di chi muore per chi non ha scelta, il cui destino è già segnato dalla punta di una spada. Privo di dialoghi, un’opera apocalittica e devastante che si libra sui suoi esigui ventinove minuti, distruggendo l’anima dello spettatore. Letteralmente. Pochi anni dopo il film lo stesso Mishima si uccise con il seppuku, la moglie vietò la distribuzione del film e ne distrusse le copie. Solo pochi anni fa si è ritrovato un positivo del film che ne ha permesso la restaurazione. (10)
Embrione: Embryo Hunts In Secret
Giappone, 1966. Di Koji Wakamatsu. Con Yamatani Hatsuo, Shima Miharu. Genere: Drammatico. Vietato Ai Minori Di 14 Anni.
Un direttore di un supermercato, dopo aver fatto l’amore con una delle sue commesse, la porta a casa sua: un appartamento vuoto, dove inizia a torturarla. L’uomo infatti non riesce a comportarsi in modo umano con le donne…
Misoginia, violenza, sesso. Tre elementi che stanno alla base di molti film di Wakamatsu, regista poliedrico, legato soprattutto al pinku eiga, cinema erotico giapponese, presenti anche in questo nuovo capitolo della filmografia anni ’60 del regista. Un film strano, oscuro e tribale, dove regna una violenza non solo fisica, ma anche psicologica, che affonda anche nella mente dello spettatore. Coinvolge e stringe al cuore, senza mollare la presa. Nonostante le emozioni suscitate questo, però, non è da considerare come uno dei migliori del maestro, che ha saputo dare maggiori vibrazioni con “Angeli Violati”. Resta comunque un film da vedere, bello, espressivo, angoscioso. Da brividi il piano sequenza finale, accompagnato da una nenia di rara inquietudine. (8.5)
Hausu
Giappone, 1977. Di Nobuhiko Obayashi. Con Kimiko Ikegami, Kumiko Ooba. Genere: Grottesco
Per gli studenti di un liceo giapponese sono finalmente arrivate le vacanze estive. Oshare, una ragazza sorridente e solare, scopre che il padre ha trovato una nuova fidanzata dopo la morte della moglie. Per stare lontano dal padre, Oshare, decide di invitare le sue amiche a casa della sua misteriosa zia, che nasconde qualche oscuro segreto. Piano piano, una alla volta, le ragazze cominciano a scomparire o morire. Oshare diventa sempre più strana e catatonica, mentre le sopravissute cercano un modo per fuggire da quella casa che pare infestata…
ASSURDO! Giuro di non aver mai visto una cosa del genere! Un delirio di pura concezione psichedelica, con trovate gore geniali (la ragazza mangiata dal pianoforte! La testa mozzata che si tramuta in cocomero!). gatti canterini, cannibalismo e personaggi che sembrano usciti da un manga (i cui nomi si riferiscono alle loro passioni o alle loro capacità) sono alla base di questo film assurdo e veramente estremo dal punto di vista visuale, dove ogni sequenza anche la più idiota, contiene una sperimentazione visiva degna di premio. Un pizzico di humor, tantissimo sarcasmo e violenza. Sam Raimi si ispirerà a questo film per girare “La Casa”. Applausi. (10)
La Donna Di Sabbia
Giappone, 1964. Di Hiroshi Teshigahara. Con Okada Eiji, Kishida Kyôko, Ito Hiroko, Mitsui Koji, Yano Sen, Sekiguchi Kinzo, Ichiha Kiyohiko, Nishimoto Hiroyuki, Tamura Tamutsu. Genere: Drammatico. Durata: 98’.
Uno studioso di insetti si dirige in una zona dunosa per studiare delle specie, perde l’ultimo autobus per tornare a casa. Troverà accoglienza dagli abitanti del luogo e in particolare di una donna. Non tornerà mai più a casa.
Capolavoro assoluto del cinema anni ’60, “La Donna Di Sabbia” è un’ eccezionale prova di talento visivo estremo, dolce, vitale. Una regia e una fotografia che tologono effettivamente il fiato, senza mai mollare la presa. Le immagini mordono il collo. Non danno tregua. “La Donna Di Sabbia” (meglio conosciuto come “Woman In The Dunes” è un capolavoro assoluto sulla solitudine, il mal di vivere e la libertà. Il suono cristallino, la sabbia, la rabbia. Quella frase finale detta dallo spettatore: “Tornerò a casa in qualsiasi momento” resta nella pelle come un ago che trafigge la carne. Immensa opera cinematografica girata in un algido bianco e nero che rimane nella testa per giorni, mesi, anni. Da vedere. (10)
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